Trofeo Laigueglia ....si racconta che

attraverso le grandi firme giornalistiche del ciclismo


PaoloViberti a TrofeoLaiguegliastory, incontri all'ombra del bastione.

Oggi inauguriamo una nuova sezione del nostro sito sulla storia del Trofeo Laigueglia, dove all'ombra del bastione del "cavallo" della cittadina ligure incontreremo i grandi "cantori" del ciclismo.

Non potevamo non iniziare con un grande amico, vincitore dell'ultima edizione del premio giornalistico "bastione d'oro" del comune di Laigueglia consegnatogli in occasione della 50° edizione del Trofeo Laigueglia, Paolo Viberti.

 

L'articolo che ci ha voluto regalare è un vero e proprio atto d'amore verso il ciclismo che tanto ama e ai suoi personaggi, qui nello specifico Alfredo Martini.


Paolo Viberti, classe 1956, giornalista, 35 anni a Tuttosport, ha seguito ben nove Olimpiadi, 28 Giri d'Italia, 8 Tour de France, innumerevoli Mondiali ed Europei di ciclismo, basket, sci, fondo, slittino, baseball... Innamorato della bici, ha scalato da solo tutte le vette di Giro e Tour. Ha scritto quattro libri per la Sei: L'Ultimo Avversario, Coppi Segreto, Storia delle Olimpiadi e Storia delle Olimpiadi invernali. Si è visto riconoscere i seguenti premi: Bastione d'Oro 2013 - Premio Coni Ussi 2013 per la "stampa scritta-cronaca e tecnica" - Premio Coni per la saggistica 2012 per il libro "Storia delle Olimpiadi, gli ultimi immortali" - Premio Coni-Primo Nebiolo 2012, Regione Piemonte, quale miglior giornalista - Premio Fisi-Coni, premio Sala Stampa 2004 quale protagonista del giornalismo degli sport invernali.

"Un vecchio e un bambino si preser per mano e andarono insieme incontro alla sera..." Francesco Guccini


PAOLO VIBERTI


<E' bello ritrovarsi qui, Alfredo, perché da me a Torino in febbraio c'è ancora la nebbia....>. <E anche a Sesto Fiorentino l'è lo stesso.... Qui è come se la primavera bussasse in anticipo. E il mare avesse più tempo per noi....> Laigueglia è soprattutto questo, per me: quel ricordo ancora vivo nella mia mente di avere la possibilità di ritrovare Alfredo sulla battigia, Sì, il grande saggio Alfredo Martini, l'ultimo uomo di una volta che mi ricorda mio padre e quel tempo lontano e irrecuperabile in cui una stretta di mano e un'intesa con gli occhi rendeva vana perché inutile la calligrafia di una firma e qualsiasi pratica notarile.... Bastava un cenno, con Alfredo, e tutto diventava eternamente valido, definitivo, assoluto. Alfredo veniva sempre a Laigueglia per il Trofeo: un po' perché la corsa era il primo appuntamento per mettere a fuoco la condizione dei corridori in vista della Milano-Sanremo. E un po', cioè soprattutto, perché sulle rive del Mar Ligure il “grande vecchio” si sentiva a casa, a tal punto da lasciare moglie e figliole per raggiungere gli amici del piccolo borgo di Ponente e festeggiare colà il suo compleanno, che cadeva il 18 febbraio, proprio nei giorni del Trofeo. <Vedi, Paolo: i corridori di oggi fanno molta più fatica di noi che pure ingoiavamo polvere e fango, pedalavamo su bici di venti chili e spingevamo rapporti impossibili su strade bianche. Ma dopo l'immane fatica, per noi non c'era altra scelta che il riposo, un recupero obbligato dall'assenza delle tentazioni di oggi, televisione e cellulari, e computer e internet e belle donne ed emancipazione dei rapporti sentimentali e maggiore libertà di usi e costumi.... E inoltre si doveva risparmiare sulla luce a gas e quando le ultime braci del caminetto si spengevano non c'era altra scelta che mettersi sotto le spesse coltri e riposare. A volte pensavo che quel recupero non fosse una scelta, come invece è d'obbligo nel ciclismo di oggi, ma l'unica soluzione possibile>. Alfredo è Laigueglia, Laigueglia per me è Alfredo, le lunghe chiacchierate con lui tra i “carrucciu”, gli sguardi lontani che cercavano risposte serene verso l'orizzonte che si confondeva con l'ultima striscia di mare. Mi manca molto, Alfredo. E ogni volta che torno a Laigueglia penso a lui, grande maestro di vita nella mia lunga esistenza di ragazzo-uomo diventato giornalista di passioni e di stupori.... <Il bimbo ristette, lo sguardo era triste, e gli occhi guardavano cose mai viste e poi disse al vecchio con voce sognante: "Mi piaccion le fiabe, raccontane altre!">... Francesco Guccini

 

Paolo Viberti

Nel ringraziare ancora Paolo Viberti estendiamo l'invito a tutti i giornalisti che hanno raccontato il ciclismo e nello specifico il Trofeo Laigueglia a lasciarci una loro testimonianza.....aspettiamo il vostro contributo.


Enzo Vicennati a TrofeoLaiguegliastory, le grandi firme del giornalismo italiano raccontano il Trofeo Laigueglia.

Foto courtesy: Enzo VIcennati. Qui ritratto durante un'intervista fatta ad Alberto Contador.
Foto courtesy: Enzo VIcennati. Qui ritratto durante un'intervista fatta ad Alberto Contador.

Per il nostro secondo incontro con le grandi firme del giornalismo che raccontano dell'epopea del ciclismo, oggi pubblichiamo un articolo di autentica “poesia” che il vice-direttore di BiciSport ha voluto regalare a tutti gli appassionati fans di TrofeoLaiguegliastory.


Grazie Enzo


Enzo Vicennati, nato il 26 dicembre 1968. Giornalista presso Bicisport dal 1992, attualmente ricopre la carica di capo-redattore sempre a Bicisport. Scrittore e fotografo racconta le principali gare del ciclismo agonistico internazionale, inviato speciale a due Olimpiadi, 23 Giri d'Italia e 23 Tour de France oltre che a 18 edizioni del campionato del mondo. Autore di diversi libri di tecnica ciclistica e libri di natura tecnico/storica su Alfredo Martini, Marco Pantani e Vincenzo Nibali.


L'alba è il momento più bello, con le sue promesse e la sensazione che davvero sia tutto possibile. Non importa che cosa ci sia stato prima o quanto buia e fredda sia stata la notte: quando il sole arriva ad inondare i tetti e le strade e poi il giorno degli uomini, allora nel petto si gonfia il cuore e per quei pochi minuti, prima che la realtà torni con i suoi conti da pagare, ci si sente davvero invincibili. E a quel punto è davvero questione di un secondo: la differenza fra la capacità di far crescere il fiore appena colto e l'incapacità di tenerlo in vita.

Fu proprio così nel febbraio del 2013, all'alba di un nuovo anno che per Filippo Pozzato significava il ritorno nel ProTour, dopo un anno passato ad ammettere quanta acqua avesse lasciato passare invano sotto i ponti e quante occasioni fossero scivolate nel nulla. Scinto gli aveva restituito il mordente o lui semplicemente se ne era servito per ricostruirsi un'immagine. Aveva vinto una sola corsa a Larciano, ma si era rimesso finalmente in luce al Giro delle Fiandre concluso al secondo posto e, ciò che forse quell'anno aveva conquistato anche i più scettici, si era rialzato a tempo di record stringendo i denti dopo una frattura della clavicola e come un vero guerriero si era schierato sul pavé del Nord: pochi pensavano che ne fosse capace. Forse lo aveva ispirato Alfredo Martini, da cui Scinto lo aveva portato con una mossa astuta, a metà tra la ricerca di una nuova immagine e la necessità di ricostruire la credibilità sfilacciata.


«Hai davanti a te una vita – gli aveva detto il cittì toscano nel suo studio antico di Sesto Fiorentino - almeno altri sei anni belli pieni e due in cui camperai di rendita. Perché due anni di rendita sono il momento in cui raccogli per quello che hai seminato. Proprio per questo, se non fai tutto quello che devi fare per davvero, tu rubi qualcosa a te stesso. Tu rubi – guardandolo fisso con tono aspro - è un rubare! Guai non fare le cose che siamo in grado di poter fare: è un furto. Il ciclismo non appartiene alla disciplina dei giochi. Quello che non fa bene, fa male: non c’è una scala di mezzo. Per vincere devi avere le gambe e le gambe le hai soltanto se sei convinto di aver fatto tutto quello che dovevi fare. Se nel momento cruciale, ti vengono in mente alcune cose che avresti dovuto fare e non le hai fatte, è certo che ti lasci andare. Tutto dipende dalla coscienza di quello che dovevi fare».


E così, forte di quell'immagine da combattente ritrovato, Pozzato si era infilato nella nuova maglia della Lampre, tirato e cattivo al punto giusto. Era volato in Argentina e da lì a Mallorca, mettendo nelle gambe chilometri e sogni. Scinto semmai lo avrebbe seguito di tanto in tanto da dietro le quinte con i suoi consigli e lui avrebbe ripreso a vincere con continuità, finalmente, come spesso gli accadeva nei primi anni da professionista e come invece non riusciva a fare da tempo. Non importava che cosa fosse successo il giorno prima o quanto buia e fredda fosse stata la notte: quando la Lampre prese in mano la corsa su Pinamare, l'ultima salita di giornata, sul suo viso era tornato l'occhio della tigre, secondo quell'immaginazione vincente e suggestiva che per lui aveva messo a punto Davide Balboni, quando 15 anni prima lo guidava nella nazionale degli juniores. E la vittoria arrivò davvero.


Era l'alba della stagione a Laigueglia, in quel 16 febbraio di sole fresco in riva al Mar Ligure. Nove gradi alle otto del mattino, dodici a mezzogiorno. Il mare calmo e turisti a passeggio. Salite strette attraverso gli uliveti. L'asfalto buono, qualche buca e il freddo nelle discese all'ombra. Gruppi di amatori lungo i tornanti erano andati ad appostarsi nei punti da cui si vede bene la strada più in basso e il mare lontano è già una promessa di tepore.

La sera prima, avviato verso un crepuscolo che illuminava più del tiepido sole dei suoi eredi, lo stesso Alfredo Martini aveva usato parole preziose. Erano giorni di governi in crisi e scandali politici, e come se il ciclismo non ne avesse avuto abbastanza, sui giornali le vittorie di Cipollini venivano messe duramente in dubbio per gli elementi emersi dal processo di Madrid, in cui continuava ad essere coinvolto soltanto il ciclismo: parafulmine perfetto per altre realtà ugualmente compromesse, ma invisibili. Ed era stato proprio Martini a prendere idealmente per mano il ciclismo e l'Italia, dedicando a entrambi parole d'amore.


«Questo è un momento molto brutto - aveva detto - per parlare alla gente e invitarla a sorridere. Ricordo spesso il passaggio della borraccia fra Coppi e Bartali e mi viene da ridere pensando che tutti si chiedano chi sia stato a passarla e chi a prenderla. Non soffermiamoci su questo, ma a capire che cosa significò quel gesto. Due eterni rivali, che in un momento di difficoltà, decisero di aiutarsi con un sorso d'acqua. Tutti, ma soprattutto i nostri politici, imparino a passarsi la borraccia. Imparino dal tanto criticato ciclismo.

«E io - aveva continuato - cerco anche di guardare oltre. In un momento del genere, con il mondo diviso in fazioni, io invito tutti ad avere fiducia nei giovani. Troppe volte li schiacciamo dicendo loro cosa devono fare. Ma loro sono la nostra risorsa. Ascoltiamoli. Nella vita di ogni giorno e anche nel ciclismo. Abbiamo un debito profondo con le centinaia di migliaia di persone che aspettano i corridori sulle montagne. Ma siamo persone perbene e prima o poi restituiremo quello che abbiamo tolto ai tifosi. Perché alla fine il bene vince sempre sul male».


La vittoria quel giorno benedisse Pozzato, che fu lesto ad anticipare in volata Reda e Santambrogio, ancora inconsapevoli del baratro privo di sole verso cui erano incamminati entrambi. Ma Pippo era finalmente tornato. Si era lasciato indietro la squalifica per la frequentazione del dottor Ferrari ed era finalmente pronto per riprendere il volo.


«Mi sono liberato della rabbia - disse dopo l'arrivo - e dedico la vittoria a me stesso. La squalifica mi ha tolto tanto, ma tanto mi ha dato nella convinzione. Sono contento di come sono e delle persone che mi sono state vicino. A loro dico grazie. Mi piace l'idea che questa vittoria possa essere una spinta per il ciclismo italiano. Non ho problemi a prendermi questa responsabilità. Voglio dire che ci sono nuovi corridori, una generazione intera che sta pagando per gli errori di altri. Ragazzi costretti a vergognarsi per quello che è stato fatto dieci o vent'anni fa. Ma oggi il ciclismo è uno sport pulito come non ce ne sono molti in giro».


Era l'alba di un giorno radioso, di nuovi uomini sulla ribalta. Nibali avrebbe di lì a poco vinto il Giro d'Italia e con il petto pieno di orgoglio Pozzato promise riscatto e vittorie. Non importava più che cosa ci fosse stato prima o quanto buia e fredda fosse stata la notte: il sole era arrivato ad inondare i tetti e le strade e poi il giorno degli uomini e davvero si pensò che il vicentino fosse tornato invincibile. Era davvero questione di un secondo, ma Pippo non riuscì a tenere vivo quel fiore e la realtà tornò presto con i suoi conti da pagare. Fu l'alba più limpida, prima dell'ennesimo giorno senza sole. Ma fu bello, in quel pomeriggio fresco sul Mar Ligure credere che le nubi fossero finalmente diradate. Ed è per questo, in fondo, che ogni anno si aspetta Laigueglia con la speranza d'un nuovo sogno pronto per sbocciare. E' la magia dell'alba, la poesia dell'attesa, una promessa che non delude mai...


Enzo Vicennati


Foto courtesy: Archivio TLS, prima pagina e servizio interno a cura di Enzo Vicennati  uscito su Bicisport in occasione del 50° Trofeo Laigueglia con la vittoria di Pippo Pozzato.
Foto courtesy: Archivio TLS, prima pagina e servizio interno a cura di Enzo Vicennati uscito su Bicisport in occasione del 50° Trofeo Laigueglia con la vittoria di Pippo Pozzato.